I documenti della LEGA SUD AUSONIA

°AUSONIA: NEW ECONOMY E SVILUPPO POSSIBILE
°UN FEDERALISMO PER IL TERZO MILLENNIO
°EUROFEDERALISMO MEDITERRANEO
° DEVOLUTION: VIA OBBLIGATA ANCHE PER IL SUD!
° IL CIRCO ETNICO
°
NAZIONE MERIDIONALE
° COSTRUIAMO LA LEGA DELLE LEGHE
° IL PARLAMENTO DEL SUD


AUSONIA: NEW ECONOMY E SVILUPPO POSSIBILE

Il Sud, occorre dirlo, soffre di una grave malattia politica, che si manifesta sotto forma di una irriducibile incomunicabilità fra le varie istituzioni, ed in particolare, fra sindaci di comuni confinanti.
Poche sono infatti le collaborazioni e vuote di ogni reale intenzione operativa, fatta qualche rara, meritevole eccezione.
Un simile andamento è una vera e propria vergogna sul piano etico e morale e sancisce l’impossibilità fisica di porre in essere efficaci politiche di sviluppo, essendo il territorio comunale generalmente troppo esiguo affinché si possa impiantare una programmazione che abbia un senso, non raggiungendo cioè la massa critica minimale per essere competitiva sulla scena dell’economia.
Mentre, navigando sulla rete Internet, ci capita i leggere documenti che ci fanno toccare con mano le ragioni ed i perché di un Sud che cammina ma che non accelera la velocità del suo sviluppo.
Il documento di cui parliamo è un comunicato stampa dell’Area Sviluppo Nord Milano avente ad oggetto: sviluppo sostenibile e qualità urbana nel Nord Milano Piano Strategico, leggiamone una parte, per sunto:
Le quattro Amministrazioni Comunali del Nord Milano (Bresso, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Sesto San Giovanni) hanno da tempo avviato un'azione coordinata a sostegno dei processi di sviluppo locale, che vedono il passaggio dalla centralità del lavoro industriale alla qualita' e l'eccellenza dei nuovi insediamenti produttivi .
Uno dei passaggi più importanti per la predisposizione di politiche comuni in questa importante porzione dell'area riguarda la predisposizione , di un Piano Strategico d'Area, il primo piano di natura intercomunale esistente in Italia.
Il Piano Strategico ha generato una serie di tavoli di lavoro su diverse tematiche ambientali ed energetiche per identificare gli obiettivi di sviluppo, di stabilire i criteri, le priorita' e modalità di azione locale Contestualmente alla predisposizione del piano si individueranno anche alcune concrete iniziative pilota
Il non riuscire a percepire l’importanza di tali iniziative, proprio in relazione alla esiguità delle forze disponibili, è la manifestazione tangibile di una dimensione da aurea mediocritas gestita da istituzioni decrepite che costituiscono per lo sviluppo un freno anziché un aiuto.
La miscela di incomunicabilità ed istituzioni gattopardo sono la vera palla al piede del Sud che dispone purtroppo di un apparato incapace di recitare un ruolo utile nei processi sempre più urgenti e competitivi della new economy, nelle cui dinamiche formative occorre coinvolgere contemporaneamente e nelle stesse aule, dipendenti pubblici ed imprenditori, perché stiano dalla stessa parte, impegnati quindi nella stessa battaglia in difesa del futuro del proprio territorio e della propria gente.
Strategie territoriali, ricerca ed alta formazione collettiva sono gli ingredienti fondamentali di uno sviluppo possibile, che dovranno avvenire in maniera trasversale, coinvolgendo tutti coloro che compartecipano ai cicli dell’economia, perché essa può modernizzarsi solo nella sua totalità.
La new economy infatti necessita di competenza integrale, trasversale e diffusa, dal tavolo di progettazione a quello della consegna della merce al cliente!
E’ finito quindi il tempo dell’associazione di categoria che si limita ad occuparsi strettamente dei problemi tecnici del proprio orticello ed occorre operare una transizione verso nuove forme di aggregazione e di collaborazione che tengano presente che l’orto non è fatto di monoculture, e che i prodotti oltre che produrli bisogna venderli se si vorrà captare la maggior parte del valore aggiunto.
Non solo produttori, quindi, ma anche commercianti!
Quella che dovrà avvenire è quindi una transizione dagli interessi di categoria agli interessi dell’economia, mettendo assieme, tanto per fare un esempio, produttori di olio, distributori commerciali, spedizionieri e pubblicisti in unica impresa, ovvero, in associazione dove ciascuno provveda al proprio segmento di competenza non più su scala individuale ma collettiva.
Questo modo di operare è quello che è stato definito dagli studiosi come intelligenza connettiva, dove l’unione non fa più la forza fisica o sindacale ma quella economica.
Il dialogo infra aziendale in un ambiente abbastanza chiuso e diffidente come quello della PMI meridionale è la prima conquista cui tendere, per arrivare poi al dialogo infra comunale ed infra regionale, ed in special modo fra aziende e pubblica amministrazione che oggi è diventata indispensabile nei processi di sviluppo dell’economia.
Darsi reciproca fiducia e sentirsi impegnati su una battaglia comune, vincere sui mercati, è questo il senso della modernizzazione anche culturale e della interazione fra le PMI che, ovviamente, dovranno poter contare su leggi lungimiranti, una pubblica amministrazione amica che offra un aiuto intelligente, che finanzi formazione direzionale anziché di base, per la quale occorrono generalmente pochi giorni di apprendistato.
Al di fuori di questi schemi abbastanza ovvii, le speranze di crescita dell’economia territoriale sono quasi allo zero e pertanto potremo scegliere solo due vie: avanzare o andare verso il declino.
Attenzione però! Quando oggi si parla di declino si parla di un evento pericoloso poiché la globalizzazione dei mercati è una dimensione dell’economia mondiale secondo la quale o si è fra i vincenti o si è fra i perdenti e chi vince, vince tutto, chi perde, perde tutto!
Gli effetti, nel secondo caso, sono devastanti e l’arretramento economico e sociale impressionante ed irreversibile poiché, chi arretra nei mercati difficilmente riconquista le posizioni perdute.
L’economia dei ciclopi, cioè delle mega concentrazioni schiaccia sotto i suoi piedi tutto ciò che è piccolo, e ciò sta contraendo i mercati mondiali, con forte aumento della povertà per effetto delle concentrazioni e dei consequenziali licenziamenti, che determina un sempre minore accesso della gente a livelli di reddito accettabili, e ciò sta portando il mondo al disastro.
Voci allarmate che parlano di un mondo avviato all’olocausto ecologico e sociale pervengono dagli stessi consiglieri della Casa Bianca, a tal fine leggasi, solo per fare un esempio: La dittatura del capitalismo di Edward Luttwak —Mondadori 1999.
Non è quindi questione di abiure, ma di impossibilità di lottare un nemico invisibile e trasversale per tutti i paesi, che migra ogni istante, che vive oramai nel cyberspazio, l’egoismo finanzista, che segue tutte le bandiere ed indossa tutte le casacche e determina gli effetti devastanti della globalizzazione, dalla quale o ci si difende o si resta schiacciati.
Non sono quindi l’America o la Germania o la Francia o l’Inghilterra di oggi in quanto nazioni e popoli ad essere i cattivi del mondo, ma quei cinquanta o cento finanzisti per parte che, impadronitisi dei gangli vitali del potere mondiale, muovono i fili della politica globale secondo i loro biechi interessi, mossi da una fede senza Dio e pretendendo di insegnare a tutti un nuovo vangelo, quello darwiniano.
Non a caso il primo vero terremoto ideologico antiglobalizzazione è nato in America, paese dove circolano i pacchetti azionari delle principali antinazionali del mondo, che posseggono a loro volta le più grandi ricchezze della terra, gestite dai migliori bucanieri della finanza.
Le nazioni no! Non possono essere messe sotto accusa! Ed ancor meno i popoli, fra i quali gli stessi americani, poiché, fatta eccezione per una minoranza di oligarchi e di lobbie più o meno segrete, è un popolo che soffre come altri.
Ciò ci fa sperare in un futuro prossimo che veda i governi del mondo non scannarsi per la supremazia totale in tutto e per tutto ma accomunati in una battaglia di reciproco progresso , che ponga fine a questo tipo di sviluppo da neo Far West che sta sconvolgendo il mondo e togliendo il piatto a tavola e la voglia di vivere al 95% della popolazione mondiale.
La Lega Sud Ausonia che segue attentamente l’evolversi del pensiero politico americano, arbiter del mondo, condivide pienamente le preoccupazioni espresse da Luttwak e da altri esperti di settore e chiarisce di non nutrire sentimenti anti americani, riconoscendo anzi con gratitudine, il generoso tributo di sangue dei suoi soldati, pagato per combattere le utopie assassine e totalitarie protagoniste della 2’ guerra mondiale.
In un mondo interconnesso come quello attuale, il meridione d’Italia può trarre solo grossi vantaggi coltivando migliori relazioni di amicizia con gli USA, anche in considerazione del fatto che a pilotare la globalizzazione nei suoi eccessi, non è il governo americano ma gli squali della finanza internazionale, presenti in tutti i continenti, come metastasi di quella deriva etica e morale di cui è affetta la biosfera.
Così nella nostra dimensione di lotta per rimanere ancorati al nostro territorio ed alla nostra cultura, noi viviamo, forse inconsapevolmente, una seconda militanza oltre quella politica, quella morale, come costruttori di pace, perché contrari a quella globalizzazione che significa, come afferma Karl Woityla, ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.
In questo contesto geopolitico caotico, dopo la caduta delle ideologie ma non delle idee, la storia cambia dinamica e prospettive ed anche in pochi mesi ci costringe a rivedere, con senso di responsabilità le nostre posizioni, poiché la rilevanza geostrategica dell’Italia meridionale, ieri politica ed oggi commerciale, ci conferisce certo speciale importanza ma anche speciali responsabilità.
L’essere ponte fra le culture è sempre un’arma a doppio taglio, una posizione comoda o scomoda a seconda del vicino o dei vicini con i quali bisogna in ogni caso convivere ed è necessario quindi evitare le posizioni nette, viscerali e dogmatiche, pena l’avviarsi sui sentieri maledetti dei rancori ancestrali che non cessano poi di far scorrere sangue nemmeno dopo millenni.
A certi imprevidenti si ricorda che prevenire è meglio che curare!
La politica, non si scandalizzino proprio coloro che farebbero meglio a zittire, è come il navigare, bisogna adattarsi al mare, ma ciò non è un disonore per le persone oneste, perché quelli che contano sono i sentimenti fondamentali che animano l’azione, se in pratica si fanno gli interessi di una parte o di tutta la propria gente.

Gli scenari cambiano.

Quanto innanzi, però, non assume il significato di sconfessare quanto fino ad oggi scritto nei documenti di Lega Sud Ausonia, ma che dovranno essere riletti d’ora in poi in un ambito non ideologico ed in relazione allo scenario internazionale esistente al tempo in cui furono scritti e pubblicati.
Ciò che oggi si propone il nostro movimento è l’individuazione di una nuova frontiera politica che operi una transizione dai partiti dei ceti e delle ideologie ad un partito etnico - territoriale, da non intendersi in senso secessionista che non converrebbe a nessuno poiché ci farebbe perdere seggi e potere a Bruxelles, ma come strumento di cambiamento delle regole all’interno della Repubblica italiana, che poste ed imposte nel 1860, da allora non sono mai cambiate.
Anche noi vogliamo una nazione coesa nel difendere gli interessi nazionali, ma basata su un federalismo autonomista vero e libero, come negli U.S.A., dove i singoli stati, singole regioni nel nostro caso, sono liberi di avere ordinamenti diversi fino al punto di prevedere o meno, addirittura la pena di morte!
Si calmino pertanto gli allarmisti interessati perché quando parliamo di Ausonia libera la intendiamo libera dalle maglie e dalle catene di un potere bieco e misogino, atavico, oscuro e gattopardo sia a nord che a sud, libera cioè dalle mafie, dai gruppi di potere, dalla partitocrazia parassita e prona agli interessi inconfessabili del finanzismo imperante.
Non siamo noi meridionali oramai trapiantati per il 30% al Nord oramai da due o tre generazioni a voler spaccare l’Italia, ma vogliamo libertà di azione in tema di economia anche all’estero per poter trovare una proiezione nei mercati come Italia meridionale ed in una visione anche diversa rispetto a quella delle regioni settentrionali.
Lo stesso federalismo sbandierato a destra e manca con la primigemina legge n.142/90, riforma delle autonomie locali, prevede che i comuni siano i programmatori, i progettisti dello sviluppo del proprio territorio, tanto premesso, il poter realmente operare all’estero come entità territoriale e non solo come singole aziende ci appare indispensabile, anzi, vitale.

Proposte indecenti?

Se le regioni settentrionali, per motivi di logistica, di produzioni, di affinità culturale trovano utili i rapporti con la Carinzia, solo per fare un esempio, per noi Siciliani, o Calabresi o Pugliesi potrebbe tornare conveniente allacciare rapporti più stretti con il mondo arabo e fare ad esempio formazione in cambio di petrolio a metà prezzo rispetto alla gabella costituita dai prezzi delle sette sorelle americane e le tasse dello stato centrale.
Una simile ipotesi, ove attuata, comporterebbe un terremoto apocalittico nel sistema fiscale italiano che trae una congrua fetta delle sue entrate proprio dalle tasse sui carburanti per mantenere poi ancora in piedi una burocrazia inefficiente, in esubero almeno di un milione di unità, che costituisce il più tremendo, esplosivo bubbone sociale che il paese dovrà incidere con urgenza poiché oramai i nodi sono già arrivati al pettine.
Purtroppo, si sa, i cambiamenti fanno sempre male a qualcuno!
L’Italia è lunga, e al cambiar del paesaggio e delle coltivazioni cambiano anche gli interessi fra nord e sud che si devono integrare e non combattere e, pertanto, non possiamo più accettare che le macro decisioni che riguardano il meridione siano definite a Roma oppure a Milano o Torino.
Intenda chi vuol intendere!
Lega Sud Ausonia, si pone quindi come rappresentante, unitamente ad altri movimenti, dei territori meridionali, ma anche come punto di riferimento, di riflessione per la nascita un vero nuovo progetto meridionale che escluda in toto i meschini interessi di parte, dei piccoli potentati da notabilato e delle baronie terriere già girondine, ricche di lestofanti opportunisti della politica, privi di ideali di bandiera.

La nostra posizione

Fatte queste premesse, la nostra presenza nella Casa delle Libertà assume quindi il significato di una scelta di campo chiara e definitiva di elettorato di centrodestra, certi di condividere diversi valori con le altre componenti del polo, così come siamo certi di poter esprimere al suo interno anche la nostra dialettica ed i nostri punti di vista, finalizzati ovviamente, in primis, alla tutela degli interessi economici e sociali del meridione d’Italia.

I nostri interessi

Il nostro interesse è pertanto finalizzato alle destinazioni delle risorse finanziarie, le scelte strategiche infrastrutturali che riguardano il sud, che siano fatte con discernimento e lungimiranza, che mettano fine all’isolamento fisico di interi territori quali la Basilicata, il Salento pugliese o la Calabria che ha un’autostrada che è più una mulattiera che altro!.
Vogliamo mettere fine alle dimenticanze perfide e diaboliche di una programmazione nazionale che si è preoccupata, in un secolo e mezzo, di creare opportunità più per le tante mafie che per la società civile!
Centoquarantanni di sociologie più o meno dotte ed illuminate non hanno mai focalizzato le ragioni dell’apartheid culturale della nazione meridionale, che ha avuto sempre motivi per convincersi di essere solo una colonia governata, anziché l’altra parte della nazione.
Purtroppo, ancora oggi vive e vegeta un certo nordismo deteriore che crede sia suo diritto considerare il Sud terra di produzioni ed il Nord terra di trasformazioni e di commerci, captando così, a suo esclusivo vantaggio quel valore aggiunto che consente poi, l’accumulo ed il reinvestimento.
Questo tipo di rapporto, cara Italia del Nord, è finito! Quel Sud come voi lo intendete non esiste più! Smettetela di sentirvi su un’altra barca! E questo lo affermiamo nell’interesse del paese tutto!
I nostri figli, colti ed istruiti, a costo di immensi nostri sacrifici, devono rimanere a Sud per far crescere il Sud, se avete bisogno di forza lavoro per produrre di più, arricchirvi di più, inquinare di più, fatelo con gli extracomunitari!
I nostri figli servono a noi ed a loro stessi, e nelle vostre case popolari, nelle cucine dei ristoranti o degli ospedali del nord, vorremmo sentire anche accenti fiorentini, torinesi e veneziani anziché esclusivamente napoletani, baresi o palermitani, come adesso avviene, mentre ai piani superiori, in camice bianco, si odono accenti da……. dolce stil novo!
Lega Sud Ausonia di oggi, come movimento di rinascimento meridionalista, vuole agire in modo razionale e moderno, e i fatti accaduti e il sangue versato fra nord e sud centoquarant’anni fa restano consegnati alla storia.
Noi oggi siamo qui per scriverne un’altra di storia, vogliamo capire i numeri ed essere fra quelli che determinano scelte adeguate per avere nuovi collegamenti stradali, porti, aeroporti, centri intermodali, ed infine le mani libere per una programmazione multiregionale che operi secondo nuove esigenze derivanti dallo spontaneo nascere dei nuovi bacini economici.

Cambiare mentalità e spazzare via il parassitismo

Intanto, perverse logiche disfattiste, ancora interessate allo status quo, elaborate da quelle che Falcone definì raffinatissime menti, continuano imperterrite a seminare sfiducia nelle popolazioni meridionali, il cui messaggio nascosto è che……. niente cambierà!
Risanare il meridione dalla sfiducia, dal fatalismo e dall’incompetenza è invece il principale obiettivo di Lega Sud Ausonia, ragione fondamentale per la quale si batterà per bonificare le istituzioni dai miracolati dalle carriere facili, fatte spesso nelle camere sindacali e nelle segreterie dei partiti, altrimenti di sviluppo non se parla nemmeno, poiché la globalizzazione non deve arrivare, ma già imperversa e bisogna accettare la sfida a tutti i livelli poiché, come afferma Nelson Mandela: la globalizzazione è come l’inverno….. che arriva e ti devi mettere il cappotto!

Alcune ipotesi di progetto

Il nostro programma di proposte nuove, in via di elaborazione, comprende la creazione di comitati locali finalizzati alla divulgazione ed il sostegno di iniziative progettuali strategiche quali la realizzazione di diverse autostrade e superstrade di raggio, finanziabili con project financing,:
Otranto — Bari; Otranto —Taranto —Matera — Potenza — Salerno; Potenza — Foggia; Siracusa —Agrigento —Trapani —Palermo; Palermo - Caltanissetta — Licata; Pescara —Napoli; Foggia —Campobasso - Isernia - Roma;
il rifacimento della Salerno —Reggio Calabria;

Progetto Capitanata:

verte sul reimpiego del porto commerciale di Manfredonia, ridestinando l’area ex ANIC e il suo molo, lungo 3 Km. verso il mare aperto, a snodo intermodale merci, da connettere alla vicina ex base americana di Tortorella (FG) da trasformare in aeroporto internazionale, dove esiste già una pista sufficientemente lunga per l’atterraggio di aerei di grossa mole, il che consentirebbe l’afflusso di turisti anche da oltre Atlantico.
Se ciò avvenisse, nel raggio di pochi Km. avremmo forse la più grande concentrazione di potenzialità di sviluppo del meridione poiché si connetterebbe il trasporto aereo a quello marittimo ed a quello stradale in un territorio da mille anni al centro delle rotte commerciali e del turismo dello spirito, su cui esistono tre santuari di importanza mondiale: Grotta dell’Arcangelo , S. Giovanni Rotondo P.Pio, Santuario dell’Incoronata.
Le prospettive d’incremento turistico diventano poi veramente formidabili se si tiene conto del turismo balneare del Gargano e di un agriturismo che, in loco, si presenta con potenzialità veramente grandi, tenuto conto del clima e della qualità del patrimonio gastronomico.
Questo è solo un esempio di progettualità locale dalle mani, per ora, legate, perché realizzare un simile progetto significa intanto interconnettere amministrazioni di diversa estrazione politica e poi spostare l’ago dell’economia dal Nord a Sud, ledendo sicuramente interessi forti quanto nascosti.

Conclusioni

La nostra azione politica futura sarà meno ideologica ma più concreta, caratterizzata da proposte attuabili, nella convinzione che saranno gli stessi eccessi in atto, come afferma Luttwak, a determinare una inversione di tendenza ed a mitigare gli effetti devastanti del turbocapitalismo liberista ed anche perché la crescita delle regioni meridionali è più che mai è legata alla sua capacità di ragionare con la testa sulle spalle anziché all’agitarsi nella palude dello scontento senza proporre un reale progetto, e ciò rappresenterebbe solo un pericoloso salto nel buio, altamente irresponsabile, non condivisibile, ed improduttivo di risultati.
Noi opereremo pertanto secondo i brevi cenni di cui innanzi, dove abbiamo indicato una nostra svolta di rapporti, definendone i motivi e le opportunità in favore del Sud, che ci preme e ci sta a cuore perché è la nostra terra e quella dei nostri figli, perché sono oramai maturi i tempi del suo riscatto economico e sociale.
Lega Sud Ausonia si caratterizzerà d’ora in poi in base a proposte concrete, ed invita quanti hanno idee e competenze a partecipare ai possibili nuovi progetti evitando così di lasciare nelle mani di chierici spesso squalificati, i nostri destini futuri, unendoci in rapporto sempre più stretto di reciproca fiducia, un rapporto, appunto, fra cittadini delle regioni meridionali!


UN FEDERALISMO PER IL TERZO MILLENNIO

La visione generale

L’umanità che si affaccia al nuovo millennio è appesantita da un bagaglio di problemi locali e globali, sempre più intricati ed ingestibili, nel mentre il mondo, sembra impotente di fronte ai guasti, in corso d’opera, provocati da un nuovo modo di concepire l’economia, il cosiddetto turbocapitalismo, che ha indotto cambiamenti e trasformazioni enormi ed irreversibili nelle economie di tutti i paesi del mondo, frutto della fortissima concorrenza ed innovazione che ha poi destabilizzato la coesione sociale di interi continenti e messo in crisi gli equilibri ecologici e demografici dell’intero pianeta.
Inascoltati sono stati gli appelli degli scienziati, rispetto all’effetto serra, lo scioglimento dei ghiacciai, il buco nell’ozono, l’inquinamento acustico, chimico, l’elettrosmog, inascoltati gli appelli degli economisti, non di scuderia, riguardo i possibili guasti rispetto ad un uso troppo accelerato delle tecnologie digitali che avrebbero avuto l’effetto di desertificare le economie di interi continenti, determinando nuovi costi sociali e sofferenze umane inimmaginabili.
Quella che viviamo, piaccia o non piaccia, è una nuova era, introdotta di soppiatto e con metodi striscianti dalle multinazionali, partendo da mille punti geografici ed argomenti diversi che vorrebbero collocare il senso della vita all’interno di una dimensione neo pagana, cioè consumistica e priva di valori morali ed etici.
Per favorire quest’evento neo messianico, le multinazionali hanno operato a piccoli passi introducendosi negli apparati statali e ponendo loro uomini a svolgere le funzioni di rappresentanza dei popoli contro i popoli stessi, scrivendo accordi non condivisibili, di cui le masse, ancora oggi sanno poco o niente.
Questi regolamenti, solo apparentemente lontani dai nostri interessi, hanno invece un impatto violentissimo sulla nostra vita poiché mirano a condizionare minutamente la nostra esistenza, e non riguardano più gli spazi esterni, cioè i territori, ma quelli interni, e quindi la cultura ed i consumi.
Esempio n’è il cibo transgenico che ci stanno, di fatto, imponendoci con ogni mezzo.
A fronte di simili considerazioni la prima cosa che viene in testa di pensare è una difesa di tipo politico, ragione per la quale si rende necessaria, se si vuol dare conto ai propri iscritti, una scelta di campo all’interno dell’attuale scenario politico, che attualmente è caratterizzato da un sostanziale bipolarismo.
La necessità di operare la scelta di campo, comporta ovviamente anche una mediazione rispetto ai ed valori ai principi ispirativi originari di un movimento politico, ma ciò non significa necessariamente tradire i propri iscritti, anche se le coalizioni racchiudono al loro interno concetti spesso in antitesi tra di loro, ed in tali casi la coerenza è la prima delle virtù che fa farsi friggere.
Quello che appare, è quindi uno scenario politico agitato, dove il carrozzone dell’umanità è oramai lanciato verso un sistema di caos senza fine e senza confini, ad opera dei nuovi regnanti dell’economia, che ritengono di poter modulare o dominare tutto e tutti secondo le loro convenienze.
Questi nuovi monarchi, hanno da tempo abbandonato i confini fisici o territoriali in favore di un mondo senza barriere doganali, facendo a meno di primi ministri e ciambellani per imporre gabelle e vassallaggi, oramai inutili e superati, potendo usare a tal fine la forza concentrica di danaro, tecnologie e poche eccelse intelligenze.
Non è quindi, solo questione di cibo Frankstein, ma di politica, di finanza, di amministrazione, di valori, sottoposti ad una ibridazione fuorviante che non ha eguali nella storia dell’uomo.

Le riflessioni sullo "stato dell’arte" della politica

Ezra Pound, che fu il primo a denunciare al mondo, in tempi lontanissimi, l’espropriazione dell’anima dell’uomo mediante il monetarismo, che oggi definiremmo finanzismo, subì dodici anni di manicomio criminale, appunto per aver percepito la svolta verso una società mondiale governata attraverso la moneta ed averlo esternato nel suo Chantos.
Ci tornano in mente le parole dello scrittore Celine "….le cose si possono anche raccontare come effettivamente sono, a patto però che non traspaia che stai dicendo la verità!"
Questo scenario purtroppo azzera i significati fino a ieri attribuiti alla politica poiché il pensiero unico ci viene imposto come il nuovo verbo, cioè qualcosa che va oltre l’ideologia, rigettando il quale, si è fuori dei mercati e quindi fuori da tutto.
I totalitarismi, quindi, non sono finiti ma solo cambiato parole ed interessi, poiché, dove l’unica alternativa che resta da scegliere è il baratro economico e sociale, il risultato è un neototalitarismo contrabbandato per libertà, fatto di aggressioni economiche per la conquista dei mercati.

Le riflessioni sull’economia

Prima le guerre si scatenavano materialmente sui territori perché era su di esso che insistevano fisicamente le ricchezze, oggi che invece esse risiedono nelle tecnologie e nei brevetti, le guerre si fanno ancora e sempre per lo stesso motivo, i soldi, ma spostando il campo di battaglia da Waterloo alle agenzie di informazioni, le borse, i laboratori.
Così, intere nazioni si ritrovano all’improvviso alla deriva nel mare magno dell’economia mondiale, con esplosioni immense di povertà, perché con il liberismo, la deregulation e la globalizzazione, la trinità satanica, la ricchezza non è più delle nazioni ma delle monarchie finanziarie che regnano " in cooperativa" su un territorio sul quale non tramonta più il sole.

Cosa pensare, che fare?

Per lottare questi invisibili nemici che vorrebbero sradicare l’uomo dal territorio e dalle culture, occorre conoscerli e spesso imitarli, ragione per la quale dovremmo tenerci stretti i pochi dollari che ci capitano fra le mani, evitando di consegnarli a coloro che li userebbero in favore dei nostri interessi individuali (il saggio di rendimento), ma contro i nostri interessi collettivi, desertificando con le fusioni, le chiusure e le ristrutturazioni, la nostra economia.
L’economia italiana è costituita fondamentalmente da piccole e medie imprese, che vivono ed operano essenzialmente in maniera slegata fra di loro, cioè senza rapporti di collaborazione nei temi fondamentali, quali la ricerca, la formazione, la commercializzazione.
Questa già difficile situazione è ancora appesantita da un ingiustificato aumento del costo del denaro a Sud, dovuto, a nostro parere alla incapacità del sistema bancario di essere partecipe al ciclo dell’economia locale.
Le aziende di credito, almeno nel Sud, sono state storicamente lontane dalle dinamiche economiche e di mercato, limitandosi chiedere coperture spropositate in relazione ai prestiti effettuati, e per esse ciò ha significato un comodo rischio zero e formidabili investimenti a basso costo riversati a Nord, utilizzando a tal fine il risparmio meridionale.
Nonostante tale freno artificiale, il Sud è riuscito ad impiantare un congruo numero di nuove aziende particolarmente adatte ad operare nella new economy in virtù di un elevato livello di competenza espressa da giovani imprenditori che pongono le loro aziende all’avanguardia nei diversi settori emergenti.
Così i giovani meridionali devono sopportare un evidente maggior sforzo poiché non possono beneficiare dell’effetto moltiplicatore del sistema, vale a dire, la presenza di un’economia già espansa che facilita i contatti e moltiplica le opportunità.
Sviluppo genera infatti altro sviluppo, e questa è la sintesi della teoria dei rendimenti crescenti, secondo la quale, ad ogni crescita dell’economia corrisponde una nuova onda generata dalla precedente, dovuta proprio alla facilità di trovare sul territorio partner operativi, infrastrutture e servizi alle imprese.
I governi regionali devono quindi creare le condizioni affinché un nucleo iniziale di aziende trovi quanto prima ed il prima possibile collaborazioni, offrendo a tal fine formazione a cicli integrati omogenei e di filiera , smettendola con gli oramai anacronistici corsi da parrucchiere.
Questo sistema formativo va letteralmente smantellato e rimodellato cablandolo sulle esigenze della new economy: information tecnology, E -commerce, multimedia.
L’intera economia mondiale ne è coinvolta e su questi settori, nazioni potentissime, basano le loro strategie di innovazione industriale, di formazione e di conquista dei mercati.
La Old Economy non va ovviamente buttata a mare ma supportata, implementata dalle nuove metodologie, integrata con processi innovativi in termini di modernizzazione dei prodotti e rilanciata nella sua nuova veste di prodotto concorrenziale.
Le nuove tecnologie basate in primis su procedimenti ad alto contenuto informatico, possono essere attivate solo da team interdisciplinari all’altezza del compito che, le cui figure, Web master, sviluppatori, specialisti di rete, web designer sono molto difficili da reperire sul mercato, specie se si pensa al maggiore input di conoscenze necessarie anche per trattare materie preesistenti all’informatica.
Così, oggi il marketing non è certo più quello, anche ingenuo di dieci anni fa e lo stesso messaggio pubblicitario ha raggiunto livelli di complessità creativa e di sofisticazione subliminale impensabili dieci anni fa.
Le esigenze della concorrenzialità hanno avuto, come effetto collaterale, quello di dare una forte scossa al mercato del lavoro di qualità, ed oggi le aziende assumono solo dopo adeguata verifica delle capacità individuali.
Nasce così una nuova branca dell’organizzazione aziendale: la gestione delle risorse umane!
Ne consegue che il capitale di risorse umane di cui dispone il Sud, vale a dire di giovani istruiti ed informatizzati è ingente, e deve essere tenuto stretto in loco per impiegarlo a favore del Sud.
Essi quindi non devono emigrare in nessun caso, poiché favorirebbero territori concorrenti sul piano dello sviluppo dell’economia, che diventerebbe impossibile per il meridione, senza il loro apporto.
I giovani meridionali devono rimanere nelle loro terre di origine anche sussidiandoli temporaneamente per poi incentivarne la presenza presso le aziende mediante una formazione contrattata e mirata, perché solo massicce iniezioni di competenza tecnico informatica nelle aziende possono determinare una svolta produttiva ed occupazionale nel Sud.
Diversamente si viaggia solo verso il declino poiché, allo stato dell’arte, l’innovazione in atto è solo relativa alla robottizazione dei processi, innovando pochissimo il prodotto.
Non è più quindi questione di sola alfabetizzazione informatica, ma di ingegneria economica basata sulla conoscenza dei mercati, sul marketing associato, sullo studio delle evoluzioni del gusto e della qualità dei prodotti, sul raccordo fra le PMI produttrici di beni di consumo ed industrie produttrici di beni strumentali che possano fornire loro nuovi macchinari tecnologicamente avanzati ed introdurre metodologie produttive innovative.
Se i grandi poteri italiani imitassero in maniera intelligente gli americani, invece di imitarli solo consumando hamburger, troveremmo grande giovamento delegare, ad esempio, una buona parte della ricerca innovativa nei settori strategici al settore militare, come appunto fanno gli americani, che a tal fine invocano ragioni di sicurezza nazionale, la via attraverso la quale le antinazionali U.S.A. eludono le norme antitrust.
Quello che manca è proprio l’amor di patria, ed è strano che siamo proprio noi leghisti ad affermarlo, esempio n’è la lotta contro Silvio Berlusconi da parte della sinistra che vedrebbe volentieri Mediaset nelle mani di qualsiasi potenza straniera, privando quindi il Belpaese di un grande patrimonio massmediale, strategico nell’economia, pur di abbattere il nemico politico che, in quanto tale, non è considerato più nemmeno italiano.
Ma c’è di più, in nome di interessi non ancora ben capiti, utilizzando le leggi della Repubblica, si tenta di scippare il Sud di beni storici, quale l’Acquedotto pugliese, il più lungo d’Europa, costruito dai Borbone, bene storico delle popolazioni meridionali.
Non è possibile accettare questa concezione del liberismo e del ben comune nazionale, qui ci troviamo di fronte al tentativo di fare proprie, con colpi di mano, le risorse altrui, specie quelle che saranno sempre più preziose in futuro, come l’acqua!
Cos’è questa politica? Forse il prosieguo di quella infame, savoiarda, di rubare gli impianti e macchinari delle acciaierie di Bagnoli o delle seterie di Caserta? Prosegue la caccia al bottino?


EUROFEDERALISMO MEDITERRANEO

Lo scorrere dei secoli è stato sempre caratterizzato dall’evolversi delle concezioni dell’universo, spazianti da quella del mondo greco che concepiva un cosmo basato sul predominio dei cicli della natura, alla successiva visione biblica dell’occidente cristiano secondo la quale il tempo viene concepito come storia.
All’interno di tali processi evolutivi del pensiero però, la tecnica ebbe man mano uno spazio maggiore, proporzionale al suo progredire, fino ad arrivare ai tempi moderni, dove essa ha assunto, purtroppo, un ruolo tale da diventare la sintesi ultima di tutti i fini e mezzo di accumulo della potenza.
Ciò ha indotto in pochi anni, enormi cambiamenti nell’economia mondiale, caratterizzata oggi dalla precarietà, l’incertezza ed una paurosa povertà crescente, e tutto ciò avviene, paradossalmente, mentre l’umanità dispone oggi di mezzi tecnologici di potenza inaudita che dovrebbero affrancarla almeno dai suoi bisogni fondamentali.
Ma, quando ad imperare sono le filosofie darwiniane neoliberiste, dove a prevalere sono gli interessi dell’individuo anziché quelli della società, la ricchezza dei pochi e la povertà dei molti sono l’unico risultato possibile.
Questa concezione post cristiana da ecumenismo mercantilistico risulta, almeno a nostro parere, in esatta antitesi al sempre attuale, anzi futuribile pensiero federiciano, così come lo leggiamo in una sua lettera autografa scritta da Lagopesole (Melfi) del 10 settembre 1250 settecentocinquanta anni fa al figlio Corrado ( Io Federico II di Svevia — di Walter Regolo — Ed. Era Incontro) , nella quale egli vede il governo della politica e dell’economia strutturata in nome degli interessi superiori della società anziché quelli individualistici che caratterizzano l’alternarsi di episodi di storia giacobina e girondina degli ultimi tre secoli:
" La più grande esigenza dei nostri tempi è quella di formare degli uomini forti e capaci. Solo quando avremo a disposizione un grande numero di uomini di valore potremo scegliere fra loro le persone più qualificate da poter essere impiegate nel governo del paese.
Uno Stato, se la condotta morale dei suoi cittadini, affinata dalla cultura è autentica e diffusa e la sua organizzazione sociale consolidata, anche se povero di risorse e di recente costituzione, può durare a lungo ed esercitare una valida azione politica.
La cultura che invece esige il mercato oggi è costruita sulla sommatoria di singoli egoismi, il privilegio dei soli aspetti tecnici e ponendo in essere un maldestro tentativo di sopprimere la cultura da sempre nemica dei mercanti.
L’occidente mercantilista si alimenta di valori pagani e pone le basi per un universo esistenziale fatuo e privo di valori che mal vede il sopravvivere dei valori storici delle singole civiltà e la convivenza delle diverse visioni delle culture operando quindi un federalismo delle culture.
Leggiamo, a tal fine, come prosegue Federico nella medesima lettera:
"Ho sempre creduto che, oltre alle armi ed alle leggi, fossero necessari al prestigio ed alla forza del trono anche i sussidi della scienza, la quale tenendo a freno la lussuria e neutralizzando i pericoli della cieca ignoranza, impedisce che le energie si snervino e si infiacchisca lo stesso rigore della giustizia. La dimestichezza acquisita sin dalla giovane età per la lettura di opere filosofiche provenienti dalla Spagna, dalla Grecia, dal mondo arabo, dalla Francia, mi ha portato ad interessarmi di tutti gli aspetti delle scienze umane …….. senza, la cultura umana non è degnamente vissuta!"
Cos’altro dire? E’ questo il concetto eurofederalista di Federico? E’ ancora attuabile e futuribile?
Se così è, bisogna allora tornare sui nostri passi e riaffermare filosoficamente la signoria dell’uomo sulla tecnica, isolando culturalmente la roccaforte ideologica dei sostenitori dell’anarchia di mercato, che vuole a tutti i costi separare economia e politica in modo tale che non sia più la politica a generare l’economia, ma l’esatto contrario.
L’eurofederalismo mediterraneo è oggi pertanto, non solo possibile, ma anche auspicabile a patto di imporre un freno ad un mercato mondiale impazzito perché senza regole.
Al mondo arabo, ad esempio, occorre restituire un debito storico in cultura, non europeizzandolo ma fornendo tecnica e formazione affinché possa poi progettare un suo futuro nell’economia moderna, in spirito di tolleranza, ciascuno in pace con il suo Dio, come usava dire Federico, che si preoccupò, appunto, di garantire a chiunque libertà di culto, come testimonia egli stesso nelle successive lettere (op.citata):
- Lettera dell’8 settembre 1250 - pg. 108 - "Permisi ai mussulmani di avere un proprio capo, con propri organi di vigilanza, con i loro sceicchi. Concessi la libertà religiosa…."
Ovviamente i numeri in ballo nell’anno milleduecento non sono certo quelli, spaventosi, di oggi che prospettano i demografi, i quali parlano dello spostamento di ottocento di milioni di persone.
Non siamo quindi in presenza di una guarnigione di saraceni, portata da Federico a Lucera come guardia personale, all’indomani del ritorno dalla crociata.
Quello che invece si delinea è uno scenario di fronte ai quali non si può rispondere con imprevidenza buonista, opponendosi alla quale però si è subito tacciati di xenofobia e razzismo e, visto che siamo in argomento, cogliamo l’occasione per dire che non se ne può proprio più di un certo pedagogismo ipocrita dei professorini della sinistra, che vivono in perennemente in cattedra, che nonostante la loro perennemente ostentata cultura hanno la memoria corta ed evidentemente hanno già dimenticato L‘arcipelago Gulag e passano gran parte del loro tempo a dare pagelle di buoni e cattivi, lanciando anatemi morali addosso a chiunque dissenta dalla loro Torquemada ideologica!
Secondo tali pedagoghi è immorale, fascista e razzista la legittima preoccupazione di una deidentificazione territoriale storica, mentre i fenomeni della migrazione biblica in atto sono percepiti ed intesi con senso di incosciente imprevidenza, tanto per usare un termine utilizzato dal Cardinale Biffi, che tanto scandalo e vituperio ha scatenato nei pulpiti di sinistra.
Secondo costoro a nessuno è permesso di optare per il non voler correre il rischio di vivere in mezzo al fuoco incrociato di conflitti interetnici futuri, connessi all’immigrazione incontrollata di gente che non vuole integrarsi ma creare avamposti ed isole etniche negli altrui territori.
A nessuno è consentito di opporsi al possibile mutare delle nostre città dove potrebbero nascere mille architetture singolarmente belle ma stonate nel contesto della nostra storia e del nostro paesaggio.
Ma, non abbiate timore! Sono tutti timori ingiustificati!
Essi, i professorini, ci hanno fatto sapere di aver interpellato la Sibilla di Cuma, la quale ha dato ampie assicurazioni circa la società multietnica prossima a venire e per la quale stanno intensamente ed alacremente lavorando, che sarà indenne da conflitti, e quando israeliani e palestinesi o tunisini ed algerini o chissà quante altre centinaia di etnie saranno in ballo si incontreranno nei condomini, andranno a prendersi il caffè assieme e non se le daranno di santa ragione, non creeranno ghetti o quartieri isolati, bensì passeggeranno lentamente sottobraccio raccontandosi continuamente storie amene, come avviene da secoli a Belfast oppure a Gerusalemme, solo per fare due piccoli esempi.
Quello che, con grande senso dell’ipocrisia non si vuol capire è che non sono in ballo i principi della libertà religiosa, sulla quale come federiciani siamo ampiamente d’accordo, ma l’entità e la consistenza dei numeri in atto che corrisponde al movimento migratorio di interi popoli e non immigratoria come la sinistra vorrebbe far credere.
I demografi, si informi chi vuol conoscere la verità, parlano di numeri spaventosi, nell’ordine di ottocento milioni di persone pronte a spostarsi., con effetti e conseguenze inimmaginabili che significherebbe per l’Europa, una situazione di possibile minoranza etnica entro qualche decennio.
Questa prospettiva, che lascia altri indifferenti, a noi non piace, ed i conti con la futura società multietnica non li vogliamo fare semplicemente perché non vogliamo che esista.
Ma, ovviamente, rispetto al problema non vogliamo certamente mettere la testa sotto la sabbia, e pertanto siamo favorevoli a politiche di alta collaborazione e demigrazione con paesi di prossimità, in modo che ciascuno stato moderno si prenda cura di un certo numero di popoli viciniori mettendo un freno ed un controllo ad una situazione altrimenti incontrollabile, senza quindi aspettare tardivi quanto inutili senni di poi o costernazioni e teste cosparse di cenere.
La Lega Sud Ausonia, che condivide certamente lo spirito federiciano non può esimersi dall’affermare però che esso debba esprimersi all’interno di limiti invalicabili poiché il problema non è di tolleranza ma di tollerabilità, superati i quali si manifesterebbero inevitabilmente situazioni e scenari di apocalittica conflittualità.
Ben altra cosa è, pertanto, il federalismo delle culture, che lascia ciascuno a casa sua, basato su uno scambio nord sud che consenta a tutti i sud del mondo di avere un futuro non di fame, quella fame che è poi colpa di quel nord che ha, al suo interno, come difensori, i loro (ipocriti) carnefici ( finanzieri, banchieri ed antinazionali).
Il loro neoliberismo, infatti, rottamando con forsennato correre verso il dominio tecnologico mondiale, le economie deboli, è il principale responsabile dell’ondata migratoria verso l’Europa, che ha condannato intere civiltà all’annientamento e la deriva sociale.
A fronte di tale scenario riteniamo il pensiero eurofederalista mediterraneo federiciano un valido antitodo poiché democratico e pluralista e, pertanto, possibile modello di riferimento per una società meno egoista e più umana.
E’ tempo oramai di un rilancio delle politiche autonome dell’area euromediterranea sottratte all’influenza indeterminista americana che, una botta alla botte e l’altra al cerchio cerca di stabilizzare la storia in una inapparente immobilità che fa loro tanto comodo!
Intanto il eurofederalismo transnazionale, nei termini e nello spirito sopradescritto, potrebbe essere la nuova via che molta parte dell’occidente cerca, poiché rende le culture impermeabili alla ingiusta e criminale omologazione voluta dai mercanti del mondo che, rientrati frattanto nel tempio, hanno rimesso in bella mostra le loro suadenze pagane.


DEVOLUTION: VIA OBBLIGATA ANCHE PER IL SUD!

Gli Stati federali nascono generalmente attraverso aggregazioni dal basso, quando il processo di cessione di sovranità si produce dall'alto si ha la "devolution".
Alla fine del '900, la crisi dello Stato-nazione si presenta vasta quanto è stata, alla fine del '700, la crisi dell'Ancien Regime e si è quindi verificata la profezia di Marx: "all'antico isolamento nazionale si sovrapporrà una interdipendenza globale".
Il suo modo di intendere l'interdipendenza aveva a che fare con il concetto di interconnessione, mentre le monarchie finanziarie made in U.S.A. interpretano la globalizzazione come ( loro) controllo dell'economia e dei mercati.
La sua aggressione al concetto di Stato-nazione diventa tangibile e manifesta quando trasferisce, di fatto, i suoi poteri al mercato, ovvero, a coloro che lo controllano.
I neogiacobini, detentori di immense risorse finanziarie, sono coscienti che con la digitalizzaione dell'economia è venuta meno la dimensione territoriale dello stato, spiazzato dal cyberspazio, che non si organizza più mediante strutture fisiche ma in base a risorse immateriali: danaro, organizzazione, risorse umane.
L'unica differenza in atto è data dal teatro delle operazioni, che diventa la rete Internet, fermo restando che lo spirito filosofico rimane sempre quello: la furiosa, sfrenata e veemente affermazione dell'individualismo e dell'egoismo dissimulato sotto i finti veli di una modernità solo tecnologica e di una efficienza non al servizio dell'uomo.
I consumi di massa hanno spazzato via i valori e le filosofie idealistiche in favore del mercato che diventa così il fine ultimo dell'esistenza dell'uomo, ovvero, così vorrebbero i suoi apologeti.
La circolazione e la diffusione su scala universale di beni, servizi e consumi ha eroso i principi morali dell'esistenza dell'individuo con effetti devastanti sulla sua personalità, orfano di Dio, della Patria e delle proprie radici, recise da un modernismo omologatore che diserba le culture al fine di sostituirle con una sola, ma funzionale al mercato.
Essi lo controllano sempre più in profondità e nei particolari attraverso lo strapotere mediatico dei grandi "networks" internazionali, i pulpiti da cui proviene un nuovo messianesimo, quello dei mercanti nel tempio, padroni della nuova repubblica internazionale del denaro, apolide ed irresponsabile, che alimenta il dominio di un nascente universo virtuale, il Cyberspace.
Esso consente di produrre e scambiare una quantità illimitata di beni anche virtuali, generando contemporaneamente immense ricchezze ed ancora più immense povertà, poichè sulle rotte di Internet, inventata dagli americani, si diffonde la colonizzazione globale, mentre la democrazia ( quel che ne resta) è lasciata sopravvivere solo dove essa non ostacola la liberalizzazione dei mercati, altrimenti saranno le portaerei e l'aviazione a difenderli dall'acqua sporca dell'agnello anche quando, da bravi lupi, esso è a valle del ruscello.
Ovviamente la guerra è necessaria solo in casi eccezionali, quando c'è qualcuno che non la vuole proprio capire su chi comanda e su come devono andar le cose nel mondo " libero".
Ma, questi sistemi democratici e spicci sono giustificati dagli" interessi americani nel mondo" poiché la guerra tra Stati si è rivelata un'attività troppo costosa ed oggi si fa con mezzi diversi, essendo sostituita dalla competizione finanziaria e dall'organizzazione dell'economia digitale.
"Oggi la potenza di una nazione non si misura più sulla sua capacità di manipolare gli atomi ma dalla sua capacità do organizzare le informazioni" ( Nicholas Negroponte).
Prima il territorio rappresentava la ricchezza ma oggi l'economia delle conoscenze e quindi dell'immateriale ne riduce fortemente il suo valore e pertanto la prima a cambiare è proprio la logica dell'idea giacobina di onnipotenza della catena stato- territorio- ricchezza, per baricentrarsi in un nuovo concetto di stato virtuale o stato finanziario, valido e durevole quanto le quotazioni del mercato.
Peccato però, che dalle quotazioni di mercato dipendano poi il futuro e la qualità della vita dei popoli.
E poi ci si meraviglia dell'affermazione elettorale di Heider in Austria!
Ci vuole una buona dose di follia per immaginare che milioni di persone che hanno conosciuto il benessere si rassegnino ad un progressivo impoverimento morale e materiale, una sorta di clochardizzazione generale strisciante, senza che essi sentano la necessità di difendersi.
Le antinazionali, di proprietà dei circoli londinesi e parigini, dopo aver sterminato il terzo mondo, rendendolo ancora più povero, ora ce lo scagliano addosso, per effetto della congiunzione di tre continenti, rimproverandoci anche di essere noi i loro affamatori, colpevoli di avere un reddito che, secondo loro, dovremmo dividere con i poveri del mondo, adattandoci a lavorare sedici ore al giorno per trecentomilalire al mese nel migliore dei casi, come se l'80% del profitto se lo mettessero nelle tasche le classi medie europee anziché loro.
La pretesa di controllare i mercati per risucchiarvi tutto il guadagno possibile, in cambio di una miserabile invito a partecipare con i nostri piccoli risparmi alle briciole dello stesso capitale (fondi comuni d'investimento et similia), di cui essi detengono la maggioranza, è la quint'essenza del nuovo giacobinismo.
Con un po' di pazienza, il proscenio ideologico, oggi nelle mani di un esercito di pennivendoli, arriverà a sancire che Dio ha creato il mondo affinché fosse amministrato dal Dollaro, cioè da chi ha avuto la predestinazione di detenerli, e che ciascuno è proprietario del creato in ragione di quanti ne possiede!
A fronte di un tale olocausto economico finanziario mondiale, è tempo di pensare a se stessi, non in termini individuali poiché la globalizzazione del controllo non la si può lottare da soli, ma in quanto collettività, riattribuendo dignità al concetto di popolo, di etnia, parola che sembra diventata bestemmia nell'universo dell'omologazione capitalistica vetero e neogiacobina.
Essi non si sono evidentemente resi conto che la gente ha oramai capito il gioco e comincia a non starci ( ricordiamoci di Seattle) e che la deglobalizzazione è già cominciata.
Heider è solo la prima manifestazione di difesa, l'apparizione dei primi anticorpi alla sterilizzazione politico ideologica e culturale tentata dai neogattopardi di Hechelon, cioè di coloro che hanno tentato di sopprimere l'intera civiltà precipitandola nel più grande forno crematorio della storia: la globalizzazione universale dove, all'interno di questo scenario apocalittico, grazie a loro, il cyberspazio si animerà purtroppo di tanti altri spettri e di fantasmi!
Tagliare le radici del passato e cancellare la storia significa privare l'uomo di quei pochi segni simbolici di guida che gli consentono di evitare nuovi errori.
Prima o poi qualcuno dovrà convincersi che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: creare cioè un mondo senz'anima e senza valori e poi pretendere che dentro non vi succeda nulla!
La devolution, diventa quindi una difesa collettiva, la ricerca di una strada, un progetto comune, una tappa evolutiva necessaria che non può avvenire sottobraccio a coloro che sono privi del senso di appartenenza, propugnatori ed apologeti di un ecumenismo filosofico che è la versione psicologica della globalizzazione dei mercati.
L'unità coatta d'Italia, fatta con le baionette ed i massacri delle popolazioni inermi regge oggi, come collante, meno della saliva, e non basta un decentramento alla Bassanini per tenerla ancora artificialmente e solo formalmente unita.
Il Sud può dunque trovare solo nella propria storia e sul proprio territorio le ragioni del suo presente e del suo futuro e può farlo solo liberandosi dai vincoli centralistici dei vetero e neo giacobini di sinistra e di destra nostrani, attrezzando il suo territorio, ovvero i suoi cittadini, per la competizione globale, tutelando la propria gente (tutta) dai tanti lestofanti con le tasche piene di soldi, siano essi latifondisti del sud o finanzieri del nord, ai quali del Sud non gliene frega proprio niente.
La soluzione federale è dunque una soluzione geo-politica essenziale nell'economia della questione meridionale poiché se le istituzioni globali trasmettono ordini senza chiedere permesso agli stati, avremo solo una economia globale ma senza governo globale, dove i lavoratori vanno a letto come dipendenti di una società e il giorno dopo si svegliano alle dipendenze di un'altra, venduti come schiavi.
A ciò , checché ne pensino i padroni d'oltreoceano, occorre porre rimedio!.
Il laissez faire tanto caro ai neoliberisti è funzionale solo a coloro che hanno interesse affinché si pervenga ad una sistematica distruzione dei valori umanistici, affinché nessuno reagisca di fronte alle immani sofferenze sociali in atto ed in arrivo, peggiori di quelle generate all'indomani della rivoluzione industriale.
I mezzi di comunicazione, asserviti al capitalismo finanzista tacciono ed operano una disinformazione sistematica in favore di una governance dal sapore neoschiavista e, dove non vi riesce, prosegue con la repressione, il carcere e spesso l'eliminazione fisica dei più pericolosi sul piano ideologico e culturale.
Viviamo purtroppo, nell'ambito di un falso pluralismo che obbliga chiunque a navigare in acque controllate, in cui i concetti da esprimere devono rientrare entro standard non troppo sgraditi al potere che stabilisce anche la gerarchia di valori cui è consentito credere e che colpisce con il discredito ogni forma di dissenso, arrivando perfino a stabilire le critiche consentite, tipo quelle del solito Alex de Tocqueville del quale non se ne può proprio più.
In tale universo unilaterale e monodimensionale le posizioni critiche sono ritenute un ostacolo, un disturbo, un costo da eliminare e, ogni critica a questo sistema, è nostalgia del passato e quindi censurabile dal messianismo neoliberista della distruzione creativa.
La rivoluzione industriale è stata progressiva ed ha consentito aggiustamenti; quella informatica, invece, è traumatica e rappresenta potenzialmente una catastrofe!
In questa frase è racchiusa tutta la tragedia prossimo-ventura dell'umanità: maggiore sarà l'accelerazione maggiore sarà il disastro!
La globalizzazione, privando l'uomo di decidere del proprio destino lo immette in un universo tentacolare che non sa comprendere, anonimo e senza radici che spinge la gente cercare rifugio nel passato, nella religione nei valori collaudati etnici poiché l'uomo non è solo finanza da valorizzare ed abbiamo ancora molto da imparare da Platone, Dante e Sant'Agostino.
Il gioco scellerato di creare valore virtuale sulle aspettative per poi impadronirsi di valori reali non può durare all'infinito: l'operazione Vodafone- Manessmann credete che sia poca cosa?
Gli inglesi hanno il controllo telefonico di tutta l'Europa! Aspettate e vedrete!
Siamo al Colosseo: panem et circenses! Saziare la pancia e giochi!
Furono i segni della decadenza dell'impero romano, così oggi tittytainement da tits and entertreinement, cioè latte ed intrattenimento (Zbignev Brzezinsky geostratega consigliere di Jimmy Carter - La trappola della globalizzazione di HP Martin e H.Schuman ed Roetia 1997), sono il segno che la globalizzazione, lungi dall'essere una soluzione moderna e liberatoria è solo l'inizio di una fase di decadenza, ovvero di stabile instabilità.
I presidenti massoni degli U.S.A. (Washington e successori) fondarono nel 1787 la loro costituzione sulle ragioni egoistiche della libertà dei singoli che venivano anteposte a quelle della collettività, i giacobini del 1989 attuarono la rivoluzione francese adottando gli stessi stilemi ideologici, oggi, i loro proconsoli o viceré sono i bretoni (l'aquila interventista dello scenario europeo) iniziatori, in mano alla Tacher amica di Pinochet, di quella sciagurata deregulation detta anche fabbrica della miseria.
Un giorno si arriverà comunque, e per via democratica, alla creazione di due parlamenti confederati, ma quello che più ci preme di più affermare è la necessità di devolution da una mentalità: quella neogiacobina dei finti democratici che vogliono trasformare il mondo in un colosseo universale che distribuisce panem et circenses e che uccide i valori dell'anima.


IL CIRCO ETNICO

Lo scenario da ballo in maschera offerto dai partiti, che si scippano, a suon di tradimenti il diritto di governare senza la legittimazione del consenso popolare, sono il segno evidente e drammatico di una nazione che naviga nella storia guidata da uomini animati solo da logiche di tornaconto personale e dove a prevalere sono le culture ciniche della conservazione del potere.
La storia antica del paese, attraverso la quale è stata generata la cultura delle nostre genti, viene così rottamata in favore di interessi egoistici, spesso inconfessabili, ponendo fuori scala il sentimento di coesione nazionale, considerato ormai valore marginale, cioè patrimonio di fessi e nostalgici.
Si assiste all’universalizzazione ed alla legittimazione del prevalere degli interessi privati su quelli pubblici che scatenano solo un gioco al massacro e pongono le basi di una convivenza sociale da "separati in casa".
Non esiste più una morale comune, ma solo un relativismo etico, che pone alla base di tutto l’autoaffermazione del proprio modo di vedere, da imporre agli altri anche quando si è in minoranza.
I cittadini devono sapere che una logica cinica e politicamente folle, vuole trasformare questo paese in un luogo che non è più nostro, in favore di un "circo etnico", dove fra qualche decennio dovremo essere noi ad andarcene, chissà dove, perché diventati minoranza.
Ma i signori utopisti della multietnicità sanno anche che le previsioni dei demografi accreditano, se non interverranno elementi nuovi, la prospettiva di un flusso immigratorio incontrollato di ottocento milioni di persone entro i prossimi venti anni!
A fronte di un pericolo di questa portata, paragonabile solo ad una reazione termonucleare, la nostra vita, quella dei nostri figli, il nostro futuro prossimo sono affidati alle idee strampalate di una minoranza di visionari utopisti, affetti da infantilismo ideologico, nostalgici di una idea sconfitta dalla storia per autocollassamento e che sperano in un riscatto o una rivalsa tramite il nuovo giocattolo della multietnicità che, di fatto, sostituisce in chiave moderna, le follie del marxismo.
Costoro pretendono ora di insegnarci cosa è la civiltà, fatta di fecondazione eterologa, di legalizzazione di coppie omosessuali e lesbiche, di organi espiantati, con la presunzione di consenso di una società dove non si è più figli di Dio ma, caso mai, del laboratorio e di una società, ovviamente, senza legami con la storia.
La famiglia non è più il luogo del sangue, della discendenza, della paternità biologica, ma semplice luogo delle relazioni, dalla durata anche effimera e dove gli individui non si appartengono più, essendo solo atomi vaganti nell’aria, slegati gli uni dagli altri, governati unicamente dalla loro grande ideologia, che si accinge a diventare il nuovo grande fratello di orwelliana memoria.
Tutto ciò ci sovrasta, ormai, come una cappa di piombo, una maledizione ideologica che risorge quasi come una nemesi storica.
Di fatto, ricompare l’antico DNA, la radiazione di fondo del comunismo più becero, più disumano, più utopico dei novelli e gratuiti pedagoghi, legittimati a tal fine da nessuno, che pretendono di imporre la propria visione del mondo e della vita ed il proprio pensiero a chiunque, con le buone o con le cattive.
Così ci sono venuti a dire che la nostra sarà una società multietnica, che noi dovremo convivere…,che noi potremo…, che essi sono la nostra ricchezza…, che è questa la scommessa che dobbiamo vincere… .
Una scommessa voluta però, da coloro che fino a pochi anni fa avrebbero visto volentieri i cavalli dell’armata rossa (di sangue) abbeverarsi nelle fontane di Roma e che pretendono, come è nel loro stile, di imporla anche a chi non la pensa così.
Noi invece preferiremmo che questi sogni di gloria li facessero sulla loro stessa pelle, possibilmente fuori dal nostro Paese lasciandoci in pace e padroni, in casa nostra, di tutelare la nostra cultura, preservandola da quelle per noi estranee.
Purtroppo la situazione, bisogna dirlo, è diventata veramente grave e occorre innescare immediatamente un processo di demigrazione, rimandando costoro indietro a casa loro, prima che trasformino il nostro paese in un inferno etnico invivibile, dove essi si odieranno e si ammazzeranno prima fra di loro per antico odio tribale, e poi, appena prenderanno forza e coesione, si rivolteranno contro di noi per imporre le loro regole.
Oggi non è più tempo di stare alla finestra , occorre agire in fretta poiché questa è una vera e propria guerra fatta senza cannoni, dove etnia scaccia etnia.
E’ sempre successo così: i Pellerossa, gli Incas, solo per dirne due, furono oggetto di vero e proprio genocidio da parte dei conquistadores e gli Junkies e sono l’esempio di un intero continente colonizzato, oggi in Kossovo gli albanesi vogliono togliere la terra ai serbi.
La colpa di tutto ciò che avviene è da imputare a quello sparuto gruppo di superfinanzieri, i grandi criminali del nostro tempo, che dal segreto delle loro tane tecnologiche hanno voluto ed organizzato la globalizzazione dei mercati, spezzando le reni alle piccole economie e perpetuando così l’egemonia economico-militare mondiale, nascondendosi spesso, dove come e quando fa loro comodo, sotto la maschera dei pacieri, mentre la "Torre di Babele" della classe politica italiana non ha più nulla da dire, vecchia e consumata come è da lacerazioni interne, da faide di potere molto simili, nella ferocia, a quelle tipiche della malavita organizzata.
Così essi offrono, sotto gli occhi di tutti, uno spettacolo raccapricciante di incoerenza e spesso di malafede, e dicono tutto ed il contrario di tutto senza vergognarsi in modo alcuno delle vere e proprie rappresentazioni da operetta che danno, rinfacciandosi le colpe gli uni con gli altri occupando, purtroppo, tutto lo spazio possibile sul proscenio politico nazionale, mentre l’Europa è priva da una vera guida filosofica.
Se l’immigrazione indiscriminata continuerà, l’Europa sarà talmente appesantita in maniera drammatica dai clandestini da mantenere, che perderà certamente di competitività rispetto ad altre aree economiche del mondo diventando sempre più povera, così come gli americani vogliono.
Ciò sembra, incredibilmente incontrare il consenso di questa sinistra che evidentemente ama tanto i poveri, da volerne sempre di più.
Prendiamo atto, invece, che la politica in generale, per interesse elettorale, pretende di poter importare senza conseguenze milioni di clandestini, facendoli arrivare deliberatamente dalle terre più lontane e andando contemporaneamente sottobraccio con il capitale anglo-americano-massonico, il vero nemico della gente comune, di chi, come noi, ama la famiglia, la propria storia e vuole un futuro per i propri figli.
Siate certi che se dovessero riuscire nel loro disegno, non avranno bisogno nemmeno più dei nostri voti, perché basteranno quelli dei clandestini legalizzati.
Noi pensiamo, invece, che se vorremo avere un futuro dobbiamo buttare alle ortiche un vecchio modo di pensare, frutto delle ideologie crollate solo a chiacchiere, e ragionare concretamente a tutela degli interessi della nostra terra, fuoriuscendo dai partiti tradizionali, che rappresentano ormai solo un mondo che non esiste più.
Occorre entrare in una logica di tutela territoriale degli affari di casa propria, difendendoci per quanto è possibile, dalle ideologie mistico-terzomondiste, dei buonisti… a spese degli altri.
E’ nostro compito, pertanto, fermare l’invasione con la mobilitazione giornaliera, convinti che tutto ciò che non si fa adesso non lo si potrà fare dopo, perché dopo sarà già troppo tardi.


NAZIONE MERIDIONALE

Mai nessuna epoca storica ha avuto tanti morti quanti ne ha avuti il novecento, in seguito alle tante guerre spesso scatenate ad arte da occulti poteri che muovendosi da secoli nel buio dell’anonimato continuano a schiacciare il mondo sotto il tallone di un potere criminale che tutto può e che non si ferma di fronte a nulla.
Esso fagocita tutto quanto attraversa la sua strada perché non ha vincoli, non ha freni morali, è egoismo, cattiveria pura, che distrugge senza batter ciglio nazioni e continenti.
E’ la cosiddetta " pax americana ", fondata principalmente sulla dominazione economica, tecnologica e culturale, che ha portato a compimento un antico progetto massonico —giacobino: la legittimazione ideologica della ricchezza che, da "sterco del demonio", diventa il segno tangibile della benevolenza divina e della predestinazione alla salvezza.
Fu Giovanni Calvino agli albori del cinquecento a gettare le basi per la nascita del capitalismo, poiché teorizzò la necessità di passare dal primato delle relazioni fra gli uomini, che avevano caratterizzato fino allora le culture pre—occidentali, quella greca e quella cristiana, a quella del primato relazioni con le cose, dove le cose diventavano tutti segni tangibili delle opere realizzate, e quindi del valore degli uomini.
Massoneria e giacobinismo facce asimmetriche di un medesimo proscenio ideologico assunsero il calvinismo a loro credo assoluto, portando agli onori del mondo, il concetto di individualismo ( letteralmente colui che non divide con altri il mondo che abita).
Così l’egoismo fu elevato a virtù morale da perseguire poiché foriera della fruttificazione dei talenti
Per diretta conseguenza al concetto di comunità, come universitas, si sostituì quello di societàs, in cui il corpo sociale venne inteso come la rappresentazione associata di singole individualità accomunate dagli interessi che si vincolano ad un contratto sociale rimanendo singolarmente distinti.
Fu così delegittimato il concetto di solidarietà che portò ad una sequenza impressionante di egoismi ed alla dissoluzione del patrimonio di valori del cristianesimo confinando l’individuo stesso nella più completa omologazione secondo una nuova scala di valori che oggi tentano ancora di imporci in tutti i modi, martellandoci attraverso i massmedia e qualsiasi altro veicolo di comunicazione.
Secondo questa scala di valori l’individuo viene prima della società e la società stessa non è che il mezzo per la realizzazione delle esigenze individuali perché l’egualitarismo massonico — giacobino non ha come fine l’ordinato funzionamento della società, ma la libertà d’azione personale dell’individuo borghese.
Ma, quando la libertà d’azione fuoriesce dalla tutela giuridica per innestarsi nella sfera dell’economia, la conseguenza è una sempre maggiore autonomia del singolo che finisce col dettare legge alla legge, ovvero di determinarla a proprio vantaggio in virtù del suo potere economico che gli consente di influire e quindi di condizionare. Altro che egalitè e fraternitè!
In tale contesto, le leggi non sono dettate dalle esigenze sociali ma dagli interessi economici, ed all’interdipendenza degli uomini si sostituisce la concorrenza consentendo così all’economia di determinare il sociale anziché il contrario.
Il mondo diventa quindi il mondo del denaro e la società diventa mercato, mentre l’uomo diventa una merce come le altre cui è dato un valore di quotazione (il costo del lavoro), deprivandolo, di fatto, della sua dignità umana.
Lo stesso concetto di libertà ha due facce: quella di chi può modificare la realtà e quella di chi può solo subirla negli ambiti angusti e circoscritti dell’omologazione, cui nessuno può sottrarsi perché non esiste punto del mondo che non sia interessato ai traffici del denaro.
Così l’economia è diventata ragione e forma del mondo, impazzita sotto i colpi dell’irrazionalità dell’egoismo conferendo agli indici di borsa valori monetari irreali, immaginari, frutto d’azzardo e scommessa, disancorati dai profitti reali.Il mondo diventa così una bisca globale, dove tutti giocano con l’avvenire di tutti per soddisfare il proprio legittimo egoismo di ricchezza non sudata, ma scippata, vinta al gioco finanziario, con furberie più o meno sataniche.
Diventa così necessario l’adattamento in un gruppo, che trasforma l’uomo da essere umano ad ingranaggio, ma che gli consente però la sopravvivenza biologica e sociale altrimenti impossibile.
La conseguenza è la deidentificazione dell’individuo e la sua personalità implode, relegata e connessa alla funzione che esso rappresenta nell’ingranaggio e di cui fa parte, sia che appartenga ai gruppi sociali inferiori che a quelli superiori e non ha più nemmeno la percezione di omologarsi perché, nel contesto di una società ad alto condizionamento tecnologico, al di fuori di questa omologazione, semplicemente, non si può vivere.
La libertà dovrà quindi adattarsi ai ristrettissimi spazi residuali che l’omologazione lascia alla discrezionalità: la scelta della marca di dentifricio o di automobile da usare, e il continuo sollecitarci alla concorrenza orizzontale, alla iperattività, serve solo ad anestetizzare il senso critico in un realtà che non è più nostra perché sono altri a scriverla, come la sceneggiatura di un serial televisivo.
Questo scenario filosofico — ideologico di premessa ci visualizza l’ininfluenza e l’indeterminismo della concezione dello Stato poiché il mercato ha preso suo il posto e ci governa chi governa il mercato.
Quando sono le lobbies a determinare quello che lo Stato deve incassare per realizzare i suoi fini sociali significa semplicemente l’assenza di uno stato di diritto, relegato a piccole scelte di misure sociali per piccoli importi mentre il grosso della ricchezza prende le vie occulte conosciute solo dai poteri occulti.
Così assistiamo impotenti alla impressionante escalation della globalizzazione di tutto, pilotata dalla criminalità finanziaria mondiale che impedisce, con la sua potenza dirompente qualsiasi possibilità di creare una società di uomini anziché di cose.
Gli ultimi mezzi diabolici inventati da questi alfieri della pace, sempre pronti a muovere le portaerei per bombardare, sono la dollarizzazione delle monete e l’asiatizzazione del lavoro, che impediscono a priori il semplice progetto di una società vivibile sotto qualsiasi forma o architettura di stato, semplicemente perché ininfluente: a comandare, dettare legge e governare sono sempre coloro che controllano i mercati!
Quindi prima di ipotizzare una qualsiasi architettura o forma di stato occorre preliminarmente capire da chi e da cosa questo ipotetico stato dovrà difendersi, per evitare lotte e tributi pesanti per addivenire poi alla nascita di una scatola vuota, cioè priva di autonomia reale.
Esempio attualissimo è la "riconquistata democrazia" dei cileni che eleggono a distanza di venti anni un nuovo presidente socialista!
La verità vera è che dopo la caduta del muro di Berlino un presidente socialista conta e fa paura quanto il due di coppe e perché un governo di sinistra riesce a tenere strette le cinghie con maggiore facilità rispetto ad un governo di destra.
Per fondare una nazione vera, degna di chiamarsi tale, l’unica via percorribile è quella rappresentata dalla solidarietà finanziaria territoriale che protegga le aziende locali, pur rimanendo nel gioco del mercato nominale, per assicurare la cura degli interessi economici e di sviluppo del proprio popolo e della propria nazione.
L’economia dei ciclopi o dei Kolossal, sono l’ultimo capitolo posto in essere dai calvinisti dei circoli di Parigi, Londra e New York.
Questa fase è l’inizio di una reazione a catena che porterà all’apocalisse finanziaria totale: nessuno si fiderà più di portare il proprio denaro oltre il proprio campanile e, dal villaggio globale si tornerà al villaggio locale.
Per la massoneria giacobino — calvinista sarà la fine perché avranno ucciso la fiducia nei mercati.
Sicuramente nasceranno problemi di ritorsione, veri e propri ricatti internazionali, solo per fare un esempio: qualcuno ha mai pensato che il 90% delle macchine di qualsiasi tipo funziona con processori di cui solo essi detengono i brevetti?
Visto così il futuro è un buco nero, ma intanto, in questo mare s’adda navigare e occorre prender coscienza della necessità di trasgredire la " pax " e di stonare nel coro mediante una contrapposizione ideologica e culturale alla furia omologatrice dell’americanizzazione, perché fondare il clone di uno stato dai valori di fondo identici a quelli da cui fuggiamo, non avrebbe nessun senso.
Capire chi è il nostro nemico è quindi la prima pietra su cui potrà rifondarsi la nazione meridionale, vittima dell’apostasia storica dei vincitori, che furono finanziati da quella stessa borghesia massonico- giacobina di ispirazione calvinista nemica e cancro del mondo che centoquarantanni fa finanziò l’aggressione del ricco e pacifico Regno delle due Sicilie, colpevole solo di essere la nazione più avanzata dell’epoca e di essere posta in posizione troppo strategica all’interno del mare mediterraneo, cioè al centro di tutte le rotte ed i corridoi commerciali del mondo.
La nazione che oggi vogliamo fondare non può essere fuori del mercato sarebbe assurdo solo pensare di esserne fuori, ma vi sono tanti modi per esservi dentro, caso mai portando avanti un profilo diverso rispetto al disumano egoismo dell’occidente calvinista, il comunitarismo, che antepone il concetto di comunità, ovvero, di universitas, che tutela le esigenze di tutti, a quello di societas che tutela solo di interessi di parte, o di chi ha i mezzi per tutelarli meglio.
Non si facciano illusioni i neoliberisti temperati, diventati oggi cani da guardia di questi demoni: una terza via non esiste!
O si appartiene ad un’etnia, ad una storia, ad un popolo, ad una nazione oppure ci si sente svincolati e senza radici per appartenere alla nazione trasversale degli alfieri dell’egoismo, dove vince un più forte che inquina, induce dolore, miseria e morte e che si sente poi anche predestinato al premio divino!
Noi, eredi della civiltà ellenica anteponiamo invece l’uomo alle cose, dove l’uomo è il membro di una comunità di valori e non di interessi.
La polis, da cui nasce il concetto di politica è la somma dei bisogni cui far fronte e non la delega dei singoli egoismi per restituire all’uomo il senso cristiano della vita, vittima purtroppo, in quest’epoca di confusione contemporanea, di una strategia dello stordimento secondo la quale dovremmo, a loro avviso, passare la vita a spendere la miseria che ci consentono di guadagnare, districandoci fra il centesimo in più o in meno, e fare da birilli viventi per le loro divertenti partite a tavolino, cioè come e dove risparmiare in più o in meno per soddisfare quella che loro chiamano "sana concorrenza" anziché cannibalismo economico e sociale.
Noi vogliamo sentirci popolo unitario con una storia ed una tradizione, volgiamo il bene della nostra gente, vivere in pace con i nostri vicini, ciascuno però padrone in casa sua e non creare una comune etnica, un postribolo culturale giuridico ed ideologico dove viverci dentro diventerà un inferno, che noi dovremmo sopportare solo perché ciò sazia gli appetiti commerciali dei massoni americani e gli infantilismi ideologici di una sinistra che dopo aver perso il consenso ha preso il potere ingannando tutto e tutti con manovre ideologiche, politiche e legislative da fare invidia persino a Nicolò Machiavelli.
Preferiamo lasciare ad essi la cultura del principe perfido per ricordare quello dell’armonia, dalle opere del quale traiamo modelli di riferimento poiché lo consideriamo l’uomo più moderno nato dopo la nascita di Cristo, Federico II di Svevia, il cui pensiero, lungi dall’essere superato lo pone oggi all’attenzione degli studiosi di tutto il mondo, essendo rimasto nei secoli moderno e futurista e che gli conferisce oggi, honoris causa, l’investitura di monarca del pensiero del terzo millennio.


COSTRUIAMO LA LEGA DELLE LEGHE

L’intero Paese è stato sempre scosso da una serie di fermenti classificati da alcuni come "autonomisti" da altri di " protesta". Vero è che tali movimenti, seppur piccoli sono in costante aumento, e sono la testimonianza delle ricadute a valle dell’azione della "ex" Lega Nord che ha comunque tracciato la strada pacifica per il superamento di uno stato "da notabilato", composto di lobbie e protettorati elettorali, oggi tutti sul punto di deflagrare. La progressiva confluenza del partito invisibile, quello del 40% dell’astensione, è l’elemento cardine sul quale dovrebbe basarsi un movimento leghista nazionale, che occorre dirlo, è composto oramai da uno sciame di movimenti, nei quali è in atto un processo di selezione darwinista, alla fine del quale nascerà il cosiddetto "nuovo". La partitocrazia italiana è oggi in regime di prorogatio, e non sparisce semplicemente perché è il nuovo che tarda a venire. L’accelerazione di questo processo, anche a livello europeo può essere data dal lancio di un progetto ideologico che contenga le ragioni delle opportunità economico sociali contenute nel programma leghista, che dovrebbe quindi essere flessibile, adattabile alle diverse culture e latitudini, un progetto che abbia al centro l’uomo e non il mercato. Occorrerebbe, però, superare l’equazione leghismo = Padania, per sostituirlo con il concetto contemporaneamente molto più evoluto e molto più antico di Lega = libera associazione di popoli.
Pertanto gli indipendentismi all’interno degli stessi raggruppamenti leghisti dovrebbero essere considerati manifestazioni di ricchezza e di crescita anziché di ribellione, da sedare. Ancor prima dell’impero romano, le leghe rappresentarono la prima forma spontanea di collaborazione fra i popoli.
Intervenne poi Roma, che propose ai confinanti il risparmio delle spese militari ponendosi essa, con il proprio esercito a difesa delle città confederate pretendendo però in cambio una serie di vantaggi e privative di tipo commerciale apparentemente innocue. Inventarono così, contemporaneamente, il "pizzo" e la "Nato di quel tempo". Il passo successivo fu la creazione della monarchia.
Oggi, a duemila anni di distanza tali eventi si ripetono solo su scala geografica diversa, poiché dietro le facciate perbeniste si nascondono poi interessi economici di potentati finanziari enormi residenti nell’occidente industrializzato. Ciò non sta a significare da parte nostra, una chiusura rispetto ad un certo tipo d’occidente, anche quando impone le proprie logiche con i raid aerei, in nome del proprio interesse che, nel caso specifico e recente si chiama via della seta, la via cioè di Marco Polo verso la Cina, in altre parole, il mercato del terzo millennio, motivo per il quale gli americani devono avere il controllo dei Balcani per diventare padroni del nuovo business.
Così i salvatori della patria sono diventati invece coloro che hanno scatenato il disastro, trascinandosi dietro le proprie guerre d’aggressione commerciali., volenti o nolenti, 18 stati nazionali.
Le concezioni politiche dei partiti e dei movimenti presenti in una nazione devono necessariamente passare attraverso un’ottica duale, Globale e Locale, Glocal direbbero gli americani, altrimenti ogni evento diventa incomprensibile. Tanto premesso, s’impone quindi il passaggio ad una concezione deterritorializzata dei confini in favore di una ricomposizione su zone d’influenza culturale. La primigenia ideologica storica della ex Lega Nord è già consacrata nella memoria collettiva e nella cronologia temporale, ma ciò non esclude, né limita un processo evolutivo di differenziazione, reso necessario dalle diverse esigenze e collocazioni geo –politiche delle quali si deve tenere necessariamente conto. La Lega Sud Ausonia, ad esempio, deve necessariamente vedere il fenomeno immigrazione in maniera diversa nelle sue evoluzioni future rispetto ai territori settentrionali, anche se si è in perfetto accordo su tutte le affermazioni di principio.
Prova ne fu il referendum anti-immigrazione, che ci vide uniti nella raccolta delle firme per l’abolizione della legge Napoletano-Turco e che ci vedrà sicuramente ancora uniti in molte altre battaglie, ma si converrà che la massa dei migrantes è costituita da gente che, piaccia o non piaccia, sono nostri vicini di casa, quasi dirimpettai, e quindi anche per motivi commerciali, gli interessi in tema sono e saranno leggermente differenziati rispetto al Nord, e ciò deve essere accettato e deve avvenire senza anatemi di eresia da parte di chicchessia. Se si passeggia per le vie di Palermo, ci si accorge subito di respirare anche un’atmosfera orientale, architetture arabe residuano qua e le vestigia di una cultura ancora presente, delle quali non c’è nulla da meravigliarsi, poiché la storia riserva sempre retaggi sorprendenti anche se dimenticati nella notte dei tempi.
Un semplice esempio: quanti sanno che Corleone fu fondata da una colonia di milanesi all’inizio dell’anno 1000? Che Celtici ed Ausoni fusero il proprio DNA in epoche protostoriche?
Tornando alla dimensione europea, occorre affermare che di là dalle pie dichiarazioni contenute nei trattati, chi ne conosce a fondo i sofismi e le trappole sa che l’unione non è una conventicola di bravissime persone, tutta amore ed aiuto l’uno verso l’altro, ma una compagnia di scaltri mediatori, ciascuno proteso a tutelare gli interessi nazionali, possibilmente a discapito degli altri partners europei.
L’Europa non nasce da una spinta morale, ma da un interesse economico, pertanto, proiettato sullo scenario planetario, Bruxelles è la sede dove si giocano le sovranità nazionali, dove si possono combinare buoni o cattivi affari per il proprio territorio di provenienza, dove ciascuno preserva i propri interessi e le proprie libertà. Fatte tali premesse, c’è da chiedersi se una Lega delle leghe avrebbe diritto di esistere in piena libertà o rappresenterebbe la libertà solo di alcuni?
Occorrerebbe creare un tavolo comune circolare e paritetico che escluda dal proscenio ideologico leghista ogni atteggiamento di sufficienza o d’eretismo malcelato. La regionalizzazione ideologico - territoriale della "Padania", può diventare per il movimento leghista un momento di debolezza anziché di forza, poiché se prima è servito a creare il nocciolo duro degli amateurs o degli aficionados viscerali al movimento della ex Lega Nord Padania, oggi, in mancanza di un’estensione ideologica come movimento a valenza universalista, il leghismo rischia di rimanere confinato appunto, a macchia di leopardo, solo in alcune parti della Padania, popolata di inviperiti contro chiunque non sia padano purosangue, anche se, ed anche le pietre sanno, essa è oggi composta in buona parte di meridionali di seconda e terza generazione, e andar dietro ai discorsi antropologici in senso stretto, rischia di determinare l'implosione del movimento a protesta locale o addirittura peggio, a folklore di stagione. Se ciò avvenisse il danno per tutti i movimenti indipendentisti sarebbe enorme, anche perché diciamolo francamente, non si cerca l'indipendenza in senso etnico, ma l'indipendenza, anzi la liberazione, da un sistema di mafie, ladrocini, lobbie, potentati e protettorati che non sono patrimonio genetico del meridione ma di quella confluenza di uomini di malaffare, provenienti da tutta Italia, dei quali, il primo ad esser processato fu proprio un milanese DOC. La verità è che la partitocrazia è infestata da farabutti e lestofanti della peggiore specie, provenienti da tutte le regioni italiane che spesso sono anche a capo di formazioni politiche più simili ad associazioni a delinquere che ad altro, che limitano, prevaricano, inducono, fermano, approfittano. Detto in poche parole: si mangiano la nazione, ivi compresi i sacrifici di quei meridionali sulle cui mani i calli hanno preso il posto della carne, per poi sentirsi chiamare anche sfruttatori o mangiapane a tradimento. Se proprio volessimo andare per il sottile e tornare indietro con la memoria potremmo comodamente parlare della brutale guerra d’aggressione dei piemontesi savoiardi, finanziati dalla massoneria anglo–olandese. Ma, senza parlar di storia più del necessario, è sufficiente ricordare ad esempio, che allora, 170 anni fa, il Salento, come altre zone del Mezzogiorno, aveva una sola via di comunicazione ed oggi, a centosettanta anni di distanza, la situazione è la stessa: una sola via di comunicazione! Non vogliamo parlare di rapine storiche, delle acciaierie smontate e portate in Piemonte, esiste in proposito una vasta letteratura che, vivaddio, oggi comincia diffondersi, e con lei, la verità storica anastatica, anziché quella raccontata dai vincitori sui nostri ingenui e bugiardi libri di storia delle elementari, i quali non raccontano mai le imprese del macellaio, generale Cialdini, che usò metodi e sistemi per reprimere la resistenza delle truppe lealiste borboniche, incendiando interi villaggi con la popolazione dentro.
Se però questo non è il momento di fare la storia non è nemmeno il momento di scherzare con il futuro del leghismo che ha bisogno di sciogliersi in un abbraccio fraterno verso tutti gli oppressi dalle mafie istituzionalizzate, oppressi cioè da gabelle peggiori di quelle esistenti nel medioevo.
L'analisi storica su cui deve poggiare il pensiero leghista deve estendersi a nazionale e poi europeo, e deve partire dal mettere in stato d’accusa la principale responsabile dell'arretramento italiano: la pubblica amministrazione! Si tenga presente che, uno studio di una famosa università americana è giunta alle seguenti conclusioni: la pubblica amministrazione italiana non funziona perché i principali centri d’organizzazione e potere sono nelle mani di satrapi medioevali.
E' tempo quindi di dire basta a luoghi comuni che forse hanno già innescato una miccia fra Nord e Sud, che conviene a tutti spegnere. Una Lega delle Leghe potrebbe quindi rappresentare il primo spettacolare, gradito segno di riconciliazione fra un Nord ed un Sud che, come popoli, non si sono mai odiati, che non hanno mai avuto motivo per farlo, almeno dal 1870 in poi.
Noi della Lega Sud Ausonia, anzi, siamo anzi convinti della nocività dei trasferimenti di risorse finanziarie non finalizzate alle infrastrutture utili e funzionali allo sviluppo. La storia ci ha, infatti, insegnato che esso si è innescato proprio dove i finanziamenti a fondo perduto non sono mai arrivati, nel mentre si è arrestato dove sono stati elargiti con le arci conosciute logiche mafioso – clientelari da parte di partiti o presenti anche a Nord. Qualcuno si è già dimenticato di quanto fosse forte e potente nel Nord-Est la Democrazia Cristiana? La nostra interpretazione invece è la seguente: faceva comodo a molti del nord mandare i soldi al sud per impedirne lo sviluppo per poi riprenderseli con gli appalti d’opere sconnesse, tipo i fiumi cementificati, lasciando le briciole alle associazioni mafiose indigene, generando così falsa occupazione e progettando quindi a tavolino il mancato sviluppo e l'arretramento del Sud. Sia chiara una cosa! Ausonia vuole la stessa libertà del Nord di scegliersi il proprio destino senza la mediazione romana, per poter decidere da sola, quali opere privilegiare e puntare ad esempio, sul raccordo infrastrutturale Salento - Sicilia, le aree a nostro avviso strategiche, oggi che il mediterraneo ridiventa il mare nostrum dei principali traffici internazionali, che tale fu al tempo di Marco Polo e dei Fenici e tale torna ad essere oggi con l'avvio dei nuovi mercati del terzo millennio. E' una questione di geopolitica! Glocal come già dicevamo! Una visione contemporaneamente globale e locale. Sulla scorta di queste riflessioni ci torna in mente la considerazione che espresse un famoso meridionale in tema di mafia e camorra: ma vi siete fatti bene i conti? Il nuovo vento è quello del Sud, che porta calore, amicizia e voglia di riscatto.
Il movimento leghista è l'unica forza che ha le carte in regola per seppellire una partitocrazia marcia che non può più permanere a cielo aperto, pena lo scatenarsi d’epidemie incontrollabili, che in termini politici potrebbero portare al riaffacciarsi di fantasmi che la storia non spegne mai e che lascia sempre a covare, sopiti sotto la cenere. Spegnere o ridimensionare questa spinta sarebbe un atto di criminalità storica.


IL PARLAMENTO DEL SUD

Diecimila anni prima della nascita di Cristo la penisola italica non era altro che un acquitrino poco profondo, dal quale emergeva solo quello fu poi chiamato il Monte Gargano.
Ai suoi piedi s'insediarono le prime popolazioni provenienti dall'Illiria delle quali ci restano, a testimonianza, gli ipogei della Daunia di Alma Dannata e Coppa Nevigata presso Manfredonia.

Lì cominciò, in seguito ai sollevamenti tettonici ed all'emersione delle terre si insediò il nucleo originario dei musoni che diede inizio, all'indomani dell'era eneozoica, alla storia della nazione meridionale.
Una storia quindi antichissima, che attraversò tantissime epoche storiche, dalla colonizzazione ellenica alla dominazione romana, da quella carolingia a quella araba e fino a quella normanna, sotto la quale, nella Palermo della notte di Natale dell'anno 1130, l'antica Ausonia divenne nazione, culturalmente ed etnicamente coesa, ad opera di Ruggero II.
Lo svevo Federico II, lo stupor mundi, amplificò la funzione culturale del regno meridionale facendolo diventare l'ombelico del mondo, posto che, il 90 % della storia è una storia mediterranea.
Altri però non gradivano questa meritata supremazia culturale che si rivelava anche una formidabile arma culturale e quindi anche economica.
Furono i papi di Roma a porre le basi per la sua prima rovina, chiamando gli stranieri ad abbattere quegli svevi che non avevano consentito loro di metter le mani anche sulle questioni terrene, cioè sul danaro, confinandoli, giustamente aggiungiamo, alla sfera spirituale ovvero della cura dell'anima.
Essi infatti determinarono lo sterminio dell'illuminata dinastia sveva, dopo quattro secoli di lotte furibonde, facendo decapitare Corradino di Svevia ad opera di Carlo D'Angiò nella Napoli del 29 ottobre 1268 sul Campo Miricino, l'odierna Piazza Mercato, facendo sprofondare il Regno nella miseria economica e morale fino all'arrivo del Regno delle Due Sicilie,quando tornammo ad essere la più ricca, la più avanzata e moderna nazione d'Europa.
Napoli era infatti considerata all'epoca il centro culturale dell'Europa, "mitteleuropa" direbbero i tedeschi.
Venne poi la vile aggressione degli straccioni savoiardi al soldo della massoneria inglese che fece ripiombare le popolazioni meridionali nella miseria più nera in seguito ai furti e ruberie di impianti e macchinari oltre che di danaro in oro di cui essi fecero enorme bottino.
Si innescò così quello che recentemente gli storici hanno definito il più grande sciopero della storia: l'emigrazione in massa per non sottostare sotto l'odiato tallone dell'invasore savoiardo che governava attraverso macellai dello stampo del Gen. Cialdini.
Come molti di voi ben sanno costui arrivò ad incendiare interi paesi, vecchi e bambini compresi, solo per stanare le truppe lealiste allo sbando, ch'egli definiva briganti, che rifiutavano di arrendersi all'aggressore.
Nacque così una feroce dittatura, ben dissimulata all'interno di un modo di raccontare la storia che gridano semplicemente vendetta per la sua sfacciata ipocrisia, notizie che solo oggi trapelano, grazie alla perdita del controllo dell'informazione da parte del potere antimeridionale, grazie alla diffusione di telefono, fotocopiatrici, fax ed internet.
Quella che va ricomponendosi è quindi una identità etno - storica di cui ne è ampia testimonianza la nascita dei numerosi movimenti meridionalisti. La quantità e la diversità rappresentano sicuramente un fenomeno di importante vitalità e foriero di nuovi positivi sviluppi, ma, se in una prima fase la forza è consistita nel nascere in modo spontaneo, è necessario che oggi essa sia raggruppata al fine di raggiungere quella massa critica minimale che consentirà l'innesco di un più ampio e partecipato processo di reidentificazione delle popolazioni in una nazione meridionale.
Occorre trasmettere alla gente l'immagine di una nazione che si ritrova fra le vestigia della storia, consapevole dell'antica grandezza e di quella che potrà ancora esprimere allorquando saranno spezzate le catene dell'ipocrisia dei finti aiuti al meridione, delle rapine perpetrate dalle grandi aziende settentrionali e dalle multinazionali straniere che storicamente si sono sempre ripresi con una mano ciò che avevano fintamente dato con l'altra, con l'aggiunta dei guasti e gli inquinamenti fisici e morali.
Che cosa credete che sia la mafia e la malavita organizzata, se non il prodotto studiato a tavolino dai poteri forti settentrionali e internazionali per bloccare ogni crescita ed ogni progresso meridionale.
Se volete bloccare lo sviluppo di un territorio fate affluire in loco soldi in maniera assistenziale, state sicuri che potrete poi sfruttare tutto e guadagnarci dieci volte!
Il furto di futuro del Sud è generato dalle pagine legislative, da leggi meschine, scritte con la cattiveria dei vampiri, secondo logiche bieche e delinquenziali.
La realtà è che il Sud sta conoscendo un processo di rimediterraneanizzazione della storia e dell'economia che lo rende appetibile, funzionale e strategico per gli americani, atterrati con la loro aviazione in Albania, in direzione dello strategico 8° corridoio della via della seta di Marco Polo, che porta direttamente al mercato del terzo millennio ( la Cina ) ed è anche diventato conveniente sfruttare il turismo religioso offerto dalla Puglia in seguito agli immensi capitali che movimenterà la santificazione di P.Pio da Pietrelcina.
Così una vecchia base americana della 2° guerra mondiale situata nei pressi di Manfredonia, all'improvviso diventerà aeroporto per grandi atterraggi.
Passerà poco tempo ed assisteremo all'acquisto da parte di capitali americani di tutti gli hotel, ristoranti e locali da intrattenimento possibili, per captare l'intero flusso di valore aggiunto finanziario e per trasferirlo negli Stati Uniti, lasciando a noi i costi per le infrastrutture necessarie e gli inquinamenti connessi, in cambio di briciole sotto forma di miseri stipendi.
E' questa la globalizzazione che loro intendono, quella di portare tutta la ricchezza del mondo nelle loro tasche.
Il parlamento del Sud nasce quindi con questa nemesi storica: doversi scontrare con gli stessi poteri occulti di allora che operano oggi dietro le borse telematiche di tutto il mondo e con le raffinatissime strategie elaborate da menti raffinatissime che hanno in mano poteri e capitali immensi.
Ecco perché è indispensabile, per noi, raggiungere il risultato di una vera autonomia, che non assomigli nemmeno lontanamente a quella truffa legislativa che il potere contrabbanda per federalismo amministrativo.
Il Parlamento del Sud deve evitare di diventare un inutile un governo ombra, critico ma inerte, che non propone, ma deve diventare il punto di partenza di una rifondazione culturale e legislativa, cominciando a nominare una commissione di studio per la stesura di una nuova costituzione fondata sui valori in cui come meridionali ci riconosciamo, un centro studi operativo telematicamente collegato, un circuito di risparmio ed investimento finanziario alternativo a quello controllato dagli squali internazionali della finanza, solo per fare degli esempi.
Quello che è in atto è un processo storico che esige la selezione e non l'ostentazione delle nomenklature perché se si vuol vincere, al fronte bisogna mandare gli ufficiali migliori nella convinzione che la fondazione di una nazione si basa sul sacrificio di tutti coloro che vi partecipano e a cui può essere chiesto anche di fare un passo indietro per consentire a tutti di fare un passo avanti. Passo in avanti che per noi ha un solo nome: Ausonia!

 

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